“It’s been an incredible four years”
(Donald Trump, 20 gennaio 2021)
di Mattia Salvia
foto: Casa Bianca / Pubblico dominio
Nel suo Il lungo XX secolo, uscito nel 1994, l’economista Giovanni Arrighi presentava tre possibili scenari per il futuro del mondo dopo la crisi dell’egemonia statunitense. Il terzo e più inquietante di questi scenari ipotizzava che da questa crisi non sarebbe nato nient’altro, che non sarebbe emersa nessuna nuova conformazione dell’economia mondiale e il caos sarebbe andato avanti all’infinito, in “un ritorno stabile al caos sistemico dal quale [il capitalismo] ebbe origine seicento anni fa e che si è riprodotto su scala crescente ad ogni transizione”. È da una percezione ben precisa – ma ai tempi ancora inconsapevole – di questo caos che è nato il lavoro di raccolta, archivio e storicizzazione che faccio da qualche anno con Iconografie, nelle sue varie incarnazioni. Un lavoro che si è evoluto nel tempo e con la pratica, man mano che cercavo di delimitare il suo ambito e chiarire in primis a me stesso una cosa che facevo in modo intuitivo. Raccogliere le “cose che non dovrebbero esistere ma esistono lo stesso” altro non voleva dire che indagare il caos sistemico in cui è precipitata la storia mondiale negli ultimi anni e che ormai tutti percepiamo. Iconografie, come rivista “su cultura, estetiche ed eccentricità del presente”, farà questo lavoro di archivio sui fenomeni rilevanti del presente in modo finalmente consapevole, raccogliendo fonti primarie o condensando ricostruzioni da libro di storia, con l’idea di rendere facile tornarci sopra in futuro: quello che manca al lavoro che faccio su Instagram, per sua natura un flusso di elementi slegati tra loro. Oltre a questo vorrei ospitare in ogni numero un lungo saggio, di quelli che ormai sulla stampa italiana non si trovano più, per analizzare in modo approfondito il fenomeno in oggetto, dando un senso al lavoro di archivio. L’idea è che il lettore possa passare dalla visione d’insieme del fenomeno di cui si parla ai singoli elementi messi in fila uno dietro l’altro. In questo primo numero era logico esordire prendendo come oggetto il Trumpismo, sia perché è stato il singolo fenomeno politico più importante degli ultimi anni, sia perché è appena finito ed è il momento giusto per farne un primo bilancio. E poi anche perché in fondo è stato proprio l’emergere inaspettato del trumpismo – in tutti i suoi elementi politici, culturali, estetici, mediatici e social-mediatici – a farci percepire per la prima volta che era incominciato un periodo di caos sistemico. La campagna elettorale di Donald Trump è iniziata come una specie di barzelletta ma si è conclusa con l’ingresso alla Casa Bianca di un 45esimo presidente degli Stati Uniti che non doveva esistere ma è esistito lo stesso e con quattro anni di tweet sgrammaticati, politica estera impulsiva e cappellini MAGA. La realtà ce l’ha gridato in faccia che la normalità in cui pensavamo di vivere era finita, che era iniziato il caos, e per citare ancora il giudizio di Arrighi, “se questo significherà la conclusione della storia del capitalismo o la fine dell’intera storia dell’umanità, non è dato sapere”. Già che ci siamo dentro, cerchiamo di documentarlo per i posteri, se eventualmente ce ne saranno.