“Molte cose restano inspiegabili, finché non vengono spiegate”
(Dott. Walter Bishop, dalla serie tv Fringe)
di Mattia Salvia
foto: via Twitter / @captblicero
Questo nuovo numero di Iconografie è dedicato alle estetiche del complottismo. In un certo senso rappresenta una prosecuzione del lavoro che abbiamo fatto nel 2020 con Q. Un tentativo di classificazione, la nostra fanzine dedicata a QAnon, che è una sorta di über-teoria del complotto e che in quella sede avevamo analizzato da diverse prospettive, cercando di capire che cosa fosse: un movimento politico? Un movimento religioso? Un gioco letterario? Qualunque fosse la risposta, non c’è stato tempo di formularla. Praticamente in contemporanea all’uscita di Q c’è stato l’assalto trumpista al Campidoglio, “il 6 gennaio di Donald Trump” per dirla in termini marxisti, e quello che nella nostra fanzine era presentato come un personaggio folcloristico marginale – Jacob Chansley, in arte Jake Angeli – era diventato famoso in tutto il mondo come “lo sciamano di Q”, talmente famoso da perdere la sua individualità per diventare una maschera tragica, la personificazione di un’estetica. Nel corso dell’ultimo anno anche il movimento complottista di QAnon è cambiato profondamente, dopo che ripetute profezie millenaristiche sulla fine dei tempi non si sono avverate. Il risultato delle elezioni del 2020 non è stato ribaltato, Trump non è tornato, “Q” è scomparso o è stato smascherato. Il movimento si è dissolto in mille rivoli, alcuni dei quali hanno cambiato direzione, mentre altri si sono radicalizzati. E questi sono stati i cambiamenti avvenuti nel corso di un solo anno, e solo nell’ambito di QAnon. Si capisce allora perché valga la pena tornare sul tema del complottismo. Il mondo complottista è vasto, talmente vasto che è impossibile misurarlo, e gli sconvolgimenti dell’ultimo biennio avranno, in una prospettiva storica, un peso paragonabile a quello delle grandi cesure: l’Undici Settembre, la crisi del 2008. A ognuna di queste cesure corrisponde un mutamento di narrazioni, di temi, di stili, di estetiche: se ne abbandonano alcune, se ne introducono altre, si mischia il tutto e se ne creano di nuove. Aspetti che fino a ieri ci sembravano emblematici dell’immaginario complottista oggi sono quasi scomparse. I rettiliani, i grigi, gli UFO, la terra piatta, tutto quel filone che fino a poco tempo fa rappresentava il complottismo per antonomasia oggi è uscito dai radar, che invece rilevano nuove simbologie basate su elementi religiosi o proto-religiosi, messianismo e millenarismo, complottismo politico-sanitario. In questo lavoro abbiamo cercato di costruire un vocabolario minimo, tematico, del complottismo contemporaneo. È una compilazione per forza di cose limitata e parziale, ma non ci sembra un limite così grande: gli elementi che contiene hanno soltanto valore di esempi di tendenze che potrebbero essere benissimo rappresentate da qualcos’altro. Il punto generale, di cui sono convinto, è che il complottismo sia una specie di wunderkammer che contiene l’espressione parossistica dello spirito del tempo – lo zeitgeist, che è appunto il titolo di un famoso documentario complottista – della società. Lo spirito del tempo è espressione della dialettica tra le classi. Quando questa dialettica è viva, il corpo sociale è sveglio, è cosciente, e interpreta gli eventi secondo uno schema razionale. Quando la stessa dialettica è sopita o attenuata, come in questo momento storico, il corpo sociale dorme, e le teorie del complotto sono i suoi incubi.