Questo weekend è il nostro preferito dell’anno: è il weekend del festival di Iconografie. Tra i vari eventi ed ospiti, abbiamo programmato anche una presentazione esclusiva di Away Days, la nuova docuserie di Jake Hanrahan (giornalista e fondatore di Popular Front) in uscita nel 2025, con la proiezione di una versione (incompleta e work in progress) del primo episodio, Concrete No Rules. Per chi non potrà esserci, questa settimana pubblichiamo un resoconto scritto della puntata, che parla di combattimenti clandestini senza regole. È anche un estratto da Gargoyle II, il nuovo libro di Hanrahan in lavorazione.
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Sono in un edificio abbandonato della Costa Azzurra, in attesa che due giovani uomini si affrontino in un combattimento clandestino No Rules clandestino. È presto, sono le sei del mattino – quel presto utile ad evitare la polizia. Qui, ad aspettare con me, ci sono una quindicina di ragazzoni rumorosi, ansiosi che si cominci; sono vestiti con passamontagna, cappellini, marsupi e occhiali da sole, alcuni hanno attraversato mezzo paese in pullman notturni per essere qui. Tutti sono evidentemente eccitatissimi per quello che sta per accadere, per questa nuova forma di violenza organizzata senza restrizioni. È tutto permesso, letteralmente No Rules.
Il luogo dove si terrà il combattimento è fatiscente ed è abbandonato da molto tempo. L’edificio, chiuso da un cancello e circondato da filo spinato e cespugli incolti, non è che un blocco di cemento in rovina a due piani. Forse era un vecchio posto di osservazione. Per entrare, ho dovuto infilarmi in una stretta apertura nella recinzione, allargata abbastanza da poterci passare. All’interno, tutte le pareti sono coperte di graffiti, le finestre sfondate e alcune scale stanno crollando. Tuttavia, il pavimento è impeccabile.
Un gruppo di giovani teppisti francesi ha passato la notte a preparare il posto, hanno spazzato via i vetri rotti e i mucchi di spazzatura e hanno lavato il pavimento in cemento fino a farlo brillare. Sembrano molto orgogliosi del proprio lavoro. Questo è il loro primo vero evento come “FPVS”, un club clandestino di combattimenti senza regole fondato da poco. Il significato della sigla è difficile da tradurre, ma sostanzialmente vuol dire: “Quando saremo qualcuno non venite a leccarci il culo!”
I due ragazzi che hanno fondato il fight club, Leon e Victor, hanno entrambi vent’anni – e si vede. Nessuno dei due ha ancora finito di sviluppare e comunque non sono certo i tipici streetfighter da manuale: sono snelli, svegli e si pongono come se fossero bendisposti al rischio. Entrambi sono vestiti di nero dalla testa ai piedi, con il volto coperto fino al naso.
Malgrado siano rimasti svegli a lavorare tutta la notte sono ancora pieni di energie, o di cocaina. O forse di un misto delle due. Non riescono più ad aspettare perché inizi il caos. “Cos’è che vi piace dei combattimenti?”, chiedo io mentre mi fanno fare il giro dell’edificio in rovina. “L’adrenalina, fratello” dice Victor. Leon lo interrompe: “Quando combatti non hai nessun’altra preoccupazione. Pensi solo al combattimento, ti concentri. Amiamo lo scontro e vedere chi è il migliore.” Quando parla, Leon appare distacco e ha un’aria da arroganza francese della vecchia scuola, scrollando spesso le spalle. Victor è l’opposto, come se non riuscisse a fare a meno di essere amichevole e gentile. Formano un duo bizzarro ma insieme funzionano: sono ben organizzati e fortemente motivati. Soprattutto, entrambi adorano le scazzottate nonostante il mondo intero gli dica che non dovrebbero piacergli. “Combattere è un modo per esprimermi” riprende Victor. “La società ti dice di restare calmo, di non esplodere…non so cosa renda qualcosa arte, ma per me questo lo è.” “Tu vedi i combattimenti come arte?” chiedo. “Si. Non mi piace Picasso, mi piace questo,” ride Victor, indicando con la mano l’edificio abbandonato, i fighter, l’elettricità nell’aria. “E quando non ci sono regole né guantoni sei semplicemente libero,” aggiunge Leon “È la cosa più bella che ci sia.”
Lo stile di combattimento noto come No Rules è una nuova e brutale forma di lotta clandestina che si sta diffondendo rapidamente negli ambienti underground europei. I combattimenti, rigorosamente organizzati da associazioni illegali, si svolgono in luoghi segreti, senza guantoni, senza round e senza regole: morsi, dita negli occhi, strangolamenti, colpi alla testa, gomitate e testate sono tutti consentiti. E se tutto questo non fosse già abbastanza estremo, i combattimenti devono svolgersi esclusivamente su cemento – buona fortuna se la tua testa sbatte sul pavimento. Il combattimento finisce solo quando qualcuno è completamente incapacitato o quando un “arbitro” interviene per fermarlo. È selvaggio, pericoloso ed esaltante per tutti i coinvolti.
Ne ho sentito parlare per la prima volta nel 2022 da un amico, un hooligan di vecchia data. Non è il classico hooligan britannico come può essere un tizio da pub vestito in Stone Island e Aquascutum che va a menarsi per le strade, ma la nuova versione europea, fatta di gruppi ben allenati al combattimento che si incontrano segretamente nelle foreste per lottare nei giorni delle partite. Naturalmente, questo mio amico è ben informato quando si tratta di violenza organizzata e infatti è stato a lui a mostrarmi i video di alcuni dei primi eventi No Rules: un combattimento in cui un ragazzo si fa staccare un pezzo di orecchio con un morso, un altro dove qualcuno viene messo fuori combattimento con una testata, uno in cui un neo-nazista viene accecato con un dito fra le grida e così via. Violenza seria, spietata, ma consensuale.
Tutti i combattimenti nei video erano organizzati da King of the Streets (KOTS), praticamente i Tyler Durden del combattimento clandestino contemporaneo. A sua volta, KOTS è gestito da un gruppo noto come “Hype Crew”, composto da hooligan, criminali e streetfighter esperti che nel 2018 hanno dato vita al No Rules. Hype Crew è nato in Svezia, dove venivano filmati combattimenti di strada tenuti sul cemento, senza regole, senza una federazione organizzatrice, senza protezioni. I video venivano poi caricati su YouTube sul canale KOTS che col tempo è esploso, arrivando in sei anni a raggiungere più di un milione di iscritti. Hype Crew aveva creato una delle più violente controculture emerse in Europa negli ultimi decenni, di cui ho trovato gli adepti in Germania, Inghilterra, Irlanda, Francia, Danimarca, Polonia e altrove.
I due ragazzi che si scontreranno per FPVS qui in Francia – Louis e Warren, entrambi sulla ventina – sono sul patio esterno al secondo piano della struttura abbandonata a fare shadowboxing tra mucchi di vetri rotti e detriti di cemento. Da lì posso vedere in lontananza il meraviglioso blu della Riviera francese, i lussuosi yacht privati che oscillano sulle onde e il sole che sorge su un cielo senza nuvole; proprio davanti a me, due ragazzi in cerca di emozioni si preparano a farsi il culo. Anche in mezzo alla bellezza della Costa Azzurra l’inevitabile brutalità della violenza premeditata è irresistibile.
Alcuni membri di FPVS aiutano i fighter a prepararsi: gli fasciano le mani, reggono i cuscinetti, li incoraggiano. Warren è alto quasi un metro e novanta, muscoloso e slanciato, ha l’andatura da lottatore. Louis, invece, sarà un metro e settantacinque, è flaccido e già adesso sembra essere fuori luogo. Gli chiedo cosa ci faccia qui, perché ha deciso di combattere in modo così estremo. “Per provare chi sono,” dice lui. “Per essere un lottatore migliore.” “Non sei preoccupato dal pavimento di cemento?” “Fa parte del gioco. So cosa sono venuto a fare, non c’è nessun problema.” Mentalmente sembra prontissimo ma è chiaro che le probabilità non gli sono favorevoli. Warren è in forma smagliante, mentre il corpo pallido di Louis sembra del tutto scoordinato. Certo, non sono i muscoli a vincere i combattimenti e nel No Rules può succedere di tutto ma resto comunque un po’ preoccupato per Louis. Chiedo a Leon cosa ne pensi dell’evidente differenza di taglia. “Pesano uguale,” mi risponde indifferente. Scrollando ancora le spalle, mi ricorda che Louis è qui per sua scelta. Ha contattato lui FPVS su Telegram dicendo che voleva combattere e adesso è qui per farlo. Quando trovi le persone giuste e sei davvero intenzionato a lottare è davvero molto facile arrivarci.
Warren e Louis si riscaldano. Il primo continua a fare shadowboxing sul balcone, l’altro fa guanti con uno dei membri di FPVS. Questi saranno una mezza dozzina e tutti maschi ma il gruppo è abbastanza misto sia etnicamente che per età, tra i 18 e i 22 anni. Ognuno di loro indossa tute nere e scarpe da ginnastica di vari marchi, in un insieme indistinto di Nike Tech e Balenciaga, Burberry e EA7. Qualcuno ha la felpa brandizzata FPVS, stampata appositamente per l’evento. Si aggirano aiutando i fighter, chiacchierando e rollando canne. Sono il tipo di ragazzi da cui l’alta borghesia della Riviera cerca di tenersi alla larga ma a me sembrano abbastanza cordiali. È ovvio a tutti che io qui sia un outsider ma loro sono piuttosto tranquilli al riguardo. Mi siedo a chiacchierare con uno dei ragazzi della crew mentre regge i guantoni per Louis fino a che non è il momento. Leon chiama i fighter e tutti scendono verso la sala principale, dove si tengono gli incontri.
Al centro della stanza ci sono due pilastri attorno ai quali è stato legato un nastro bianco e rosso per delimitare lo spazio per il pubblico. In mezzo al pavimento è stato dipinto cn la vernice spray il logo di FPVS: un lupo con gli occhi rossi. Nell’aria c’è un forte odore di erba e di sudore, sono tutti in fermento. Fra il pubblico ci sono degli amici di Warren, membri di FPVS e vari altri hooligan e streetfighter venuti a guardare la violenza. Lo spettacolo comincia. Louis ha l’aria nervosa, Warren è calmo. Si scrocca il collo e saltella sulle punte dei piedi, pronto a cominciare. Intanto, Louis sembra estremamente a disagio mentre si aggiusta le fasce sui polsi e stringe i pugni.
Leon cammina verso il centro della stanza di cemento e annuncia che è tutto pronto per cominciare. I due fighter lo raggiungono ai suoi fianchi e, prima che inizi il combattimento, tutti i presenti iniziano a cantare l’inno francese con la mano sul cuore – un’inaspettata dimostrazione di nazionalismo in un contesto di questo tipo. Cantano e cantano ancora, tutti insieme, mascherati e non. Tutti tranne me, ovviamente: io sono inglese. Finalmente l’inno finisce: i fighter si danno il pugno e si dirigono verso gli angoli opposti della stanza. Leon fa un cenno a Victor che dà il via. Si parte.
I due si incontrano al centro: Louis sferra un calcio circolare mal calcolato che rimbalza contro la gamba di Warren. Questo gli tira due jab dritti in faccia, colpendolo sul mento. Louis, stordito, abbassa la guardia. Warren avanza, lo afferra, lo solleva e lo scaraventa a terra sul cemento. Louis cerca di sferrare qualche colpo di difesa ma l’altro gli si è scagliato contro come un animale, riempiendolo di gomitate in faccia. Louis si rannicchia in posizione fetale, coprendosi la testa. Intanto, Leon si avvicina pronto a intervenire qualora fosse necessario. La folla è in delirio, vuole sangue. Warren continua a tirare gomitate; alcune mancano il bersaglio, altre si schiantano sulla fronte e sulle tempie di Louis. Lui alza le mani e batte il pavimento: è finita. Leon afferra Warren e lo stacca da Louis. Il combattimento è terminato.
I ragazzi del FPVS aiutano Louis ad alzarsi dal cemento. Il suo volto è già segnato da lividi, gonfiori e tagli, le sue labbra sanguinano. È stato completamente battuto ma sorride, e così anche Warren. I due si abbracciano sinceramente e la folla applaude ancora più forte. Che si vinca o si perda, in questo mondo è essenziale il rispetto. Il combattimento è finito all’incirca in un minuto. Louis le ha prese di santa ragione ma non credo che il risultato finale contasse molto per lui. Si è presentato al combattimento e già questo non è da poco considerando il rischio. Il successo di No Rules si deve anche a questo, all’incredibile dose di audacia richiesta per prendere parte ad un combattimento. Non è uno sport, potresti restare sfigurato a vita, subire danni cerebrali o perfino morire.
Chiedo a Louis come si senta, mentre i medici improvvisati di FPVS (vale a dire chiunque abbia in meno cerotti e antisettico) gli curano le ferite. “Sto bene,” dice lui. “Ho perso, ma fa parte del gioco.” Ha del sangue in bocca e i pugni gli hanno graffiato la pelle intorno agli occhi ma se la caverà. Non ha riportato nessun danno serio – e poteva andare molto peggio. Scherzando, ma non troppo, gli chiedo cosa penserà la sua famiglia quando tornerà a casa con la faccia piena di lividi. Louis ci pensa un attimo, ride e risponde: “Non ditelo a mia madre!”
Di contro, Warren è completamente illeso. Non ha un livido e apparentemente nemmeno una goccia di sudore. “Ho viaggiato tutta la notte per questo. Voglio combattere di nuovo.” È un bravo ragazzo, lo sono tutti e due, e anzi si potrebbe dire che tutto sommato dei tipi normali. Al di fuori del caos delle lotte clandestine, Warren lavora come manovale in un cantiere e Louis è cameriere. Questi giovani violenti, insomma, costruiscono case e servono cibo. Fanno girare il mondo.