Blog

  • Home

Persona dell’anno 2023 per TIME, il tour più redditizio della storia, corsi di Harvard sui suoi testi: è il mondo di Taylor Swift, noi ci viviamo solo dentro. Ma che mondo è e cosa ci dice Taylor Swift della società che l’ha prodotta? Ne parla Viola Stefanello, giornalista del Post e swiftie.

***

Molto prima di rivoluzionare il mondo della musica, della moda e in buona sostanza della cultura pop mondiale, i Beatles erano una cosa da ragazzine ossessive. Per i primi cinque anni della loro carriera, i giornali raccontavano sistematicamente le loro fan come isteriche e fuori controllo, affette da una “Beatlemania” incomprensibile e un po’ preoccupante; solo dal 1965, dopo la pubblicazione di vari album, cominciarono ad attirare un pubblico più adulto e maschile, composto di uomini appassionati di rock o folk normalmente disinteressati a una cultura pop che consideravano puerile e di scarsa rilevanza musicale. Fino al loro scioglimento, però, il loro fandom sarebbe rimasto in larga parte giovane e femminile.

Fino a tre o quattro anni fa, ascoltare Taylor Swift era una cosa da ragazzine ossessive e anche un po’ sfigate. Lo so perché ero una di loro: quando nel 2008, a diciannove anni, Taylor Swift pubblicò il suo secondo album, Fearless, ero in terza media, e ricordo con una sorprendente chiarezza l’armeggiare su eMule per scaricare gli mp3 di You Belong With Me, Love Story o Fifteen da mettere sull’ iPod. Due anni dopo Taylor Swift già non mi interessava più granché: avevo introiettato con grande chiarezza che ascoltarla voleva dire segnalare di avere gusti puerili e non avevo nessuna intenzione di boicottare così i miei tentativi di inserimento nell’ecosistema sociale del liceo. 

Altre ragazze con la schiena più dritta della mia hanno continuato ad ascoltarla: da quando ha cominciato a fare musica a tredici anni, il fandom di Taylor Swift non ha mai smesso di crescere. Ma amare Taylor Swift all’epoca voleva dire avere un’idola dall’immagine a tratti estremamente negativa. Se non era la ragazzina bionda e frivola da prendere in giro perché cambiava un fidanzato ogni dieci minuti, era una serpe contenta di mentire al pubblico per sembrare vittima delle circostanze. Nel 2016 un hashtag popolare annunciava i festeggiamenti per la sua “fine”; per un periodo l’alt right si era convinta che fosse segretamente una neonazista. Come avrebbe poi cantato lei stessa l’anno successivo, her reputation had never been worse. Di recente ha detto di aver temuto per la sua vita e la sua salute mentale in quel periodo – ma anche allora vendeva milioni di copie e i suoi singoli erano stabilmente in cima alle classifiche. 

Il fatto che Swift, una cantautrice di cui molti faticano tuttora a capire il fascino o riconoscere il talento, sia stata messa in copertina da TIME come persona dell’anno, nella stessa categoria di personaggi come Hitler, Stalin, Arafat, Mandela, Churchill e la regina Elisabetta, ha confuso moltissime persone. Ma Sam Lansky, il giornalista di TIME che l’ha intervistata, ha spiegato che è la decisione è motivata dal fatto che, nel 2023, è diventato chiaro che “discutere di Taylor Swift è come parlare di politica o del tempo: è un linguaggio comprensibile a talmente tante persone che non richiede ulteriore contesto. È diventata la protagonista del mondo”. It’s Taylor’s world, we’re just living in it. Ed è innegabile che dalla pubblicazione di Folklore ed Evermore, i suoi due album dalle sonorità indie usciti durante la pandemia, e poi con il lancio dell’Eras Tour – un’impressionante tournée internazionale di concerti che durano tre ore e mezza, con 16 cambi di outfit – Swift ha trasceso le dimensioni della semplice pop star, diventando un fenomeno internazionale di dimensioni impressionanti.

L’Eras Tour è diventato ufficialmente la tournée più redditizia della storia della musica; il suo impatto economico sull’economia statunitense è stato stimato a 5 miliardi di dollari: è il Keynesismo di Taylor. Negli Stati Uniti, trovare un biglietto è stato talmente difficile da aver provocato una discussione al Congresso. Per la tappa brasiliana del tour il Cristo Redentore di Rio de Janeiro è stato illuminato con una grafica in suo onore, e al concerto è morta una persona per il caldo eccessivo. Intanto, un rete di giornali locali statunitensi ha assunto un Taylor Swift Reporter, ovvero un giornalista dedicato a scrivere solo di lei, e diverse università tra cui Harvard hanno lanciato corsi dedicati all’analisi della sua musica e dei suoi testi. Tutto ciò non è mai successo a Jay-Z, che condivide con lei il secondo posto tra gli artisti con all’attivo più album finiti in vetta alla Billboard Hot 100, la più importante classifica dell’industria musicale statunitense. Ma, appunto, è ciò che succedeva ai Beatles, primi. Di fronte a questa mole di dati, di soldi e di attenzione, gli scettici replicano che è anonima, che non hanno mai sentito una sua canzone. “Perché proprio lei?” si chiedono, e i tentativi di rispondere si sprecano – l’ho fatto anche io, ci mancherebbe – così come le accuse di snobismo e maschilismo a chi esprime con sdegno questi dubbi. Ma la domanda rimane: perché la persona forse più famosa del mondo oggi è proprio Taylor Swift?

È forse indicativo che molti dei tentativi di spiegarle il successo di Taylor Swift abbiano a che fare col desiderio. Per lo scrittore Sam Kriss, le fan di Taylor Swift sarebbero accomunate da “un’intensa mancanza di desiderio”, nascosta dietro “al loro amore maniacale” per lei, e dunque la passione comune di milioni di persone sarebbe sintomo di un’anedonia diffusa. Per la giornalista Michelle Goldberg, invece, è il contrario: l’enormità dell’Eras Tour rifletterebbe un desiderio insoddisfatto, comune alle donne di tutto il mondo, di essere prese sul serio e non costantemente sminuite. Personalmente credo che entrambe le tesi girino intorno al punto. Taylor Swift può essere vista come il segnale di un certo abbandono, o quanto meno di un disinteresse diffuso, nei confronti dei canoni di gusto tradizionali, una sorta di I am cringe, but I am free di massa. Lei stessa ammette candidamente che le sue priorità “non gravitano attorno ai tentativi di essere edgy, sexy o cool. Non sono naturalmente nessuna di queste cose: quello che sono è una persona fantasiosa, sveglia e operosa”.

Ed è un segnale politico, per quanto annacquato e privo di alcuna progettualità oltre al sentirsi finalmente parte di qualcosa che è fatto proprio per sé senza vergogna, in un contesto mondiale in cui l’oppressione di genere continua a manifestarsi in una moltitudine di modi. Come annacquata è la politicizzazione di Taylor Swift stessa, che ha sostenuto Biden, si è espressa in difesa della comunità LGBTQ+, ha trattato temi femministi nelle sue canzoni ma – per fare solo un esempio recente – sulla questione di Gaza il massimo che ha fatto è stato partecipare a una serata di stand-up a scopo di beneficenza. 

Nella Gran Bretagna degli anni Sessanta, la mania per i Beatles era per le ragazzine un modo per fuggire da una vita familiare, scolastica e lavorativa deprimente. È credibile che Taylor Swift, con i suoi outfit sbrilluccicanti e la sua storia di rivalsa contro vari personaggi machisti dell’industria discografica, abbia più o meno la stessa funzione, ma a livello globale: è un rapporto parasociale di sorellanza. Attorno alle sue canzoni, in cui riecheggia una molteplicità di esperienze pressoché universali, l’intero genere femminile può costruire un pezzo della propria identità.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *