Sabato scorso, il fondatore di Amazon, Jeff Bezos, e la giornalista Lauren Sánchez si sono sposati a Venezia. Per l’evento, la città è stata sostanzialmente privatizzata dal miliardario col favore dell’amministrazione comunale ma suscitando durissime polemiche in Italia e all’estero. Riccardo Mini, residente a Venezia, racconta il clima in città nei giorni immediatamente precedenti.
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La mattina di giovedì 12 giugno, un enorme striscione viene srotolato dal campanile della basilica di San Giorgio Maggiore, ben visibile in tutto il bacino di San Marco. Per attirare ancora di più l’attenzione, vengono accesi dei fumogeni. Sullo striscione, a sfondo bianco, si legge la scritta “Bezos”, in blu, barrata da una X rossa. Il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, che in quel momento si trova in piazza San Marco per l’inaugurazione dei nuovi banchi degli ambulanti, ne rimane scottato. “Mi vergogno di queste persone”, dichiara, per poi esprimere timore per il fatto che il multimiliardario possa decidere di spostare le nozze altrove. Esorta, per guarire l’offesa, “a chiedergli scusa”, e in ultima aggiunge: “Se non viene, andate a suonare ai centri sociali e al PD”. Si tratta del primo atto dello scontro tra la città, intesa come le persone che la abitano – ed esistono davvero, anche se sono sempre di meno – e il Comune, da intendere, in questo caso e pensando a tutta una serie di misure prese negli ultimi anni, come persone che la sfruttano, dall’annuncio che Jeff Bezos aveva scelto Venezia per il suo matrimonio con l’ex giornalista televisiva Lauren Sánchez. Una favola per pochi, la trasformazione di una città – nelle parole dello stesso multimiliardario, “immaginaria, eppure esistente” – in uno spazio privato, affittato, colonizzato e reso proprio da chi se lo può permettere.
L’azione del 12 giugno serviva, oltre che a lanciare un primo messaggio, a invitare la popolazione a prendere parte a un’assemblea pubblica fissata per il giorno seguente in Erbaria, nel quartiere Rialto. A organizzarla è il movimento “No space for Bezos”, che riunisce diversi collettivi e associazioni da anni impegnati a far sentire la propria voce per questioni centrali per la conservazione, il ripopolamento e il benessere di Venezia – come la questione abitativa, NO grandi navi, l’overtourism. All’assemblea del 13 hanno partecipato più di duecento persone, per affermare che “Venezia non è in vendita, né in affitto”, che è una città viva – cosa che il sindaco sembra spesso dimenticare – in cui si abita, si lavora, ci si muove, si lotta e si cerca di realizzarsi. La questione, tuttavia, non può essere limitata alla sola situazione particolare di Venezia: proprio per questo, si è discusso anche del personaggio Bezos, dei lati oscuri di Amazon, del suo appoggio a Trump e del progetto Nimbus di supporto a Israele, dunque di guerra, Palestina e degli interessi di classe dell’1% della popolazione mondiale. Si è stabilito, insomma, di “organizzargli la festa”.
Nel frattempo, sono diventate note le date dell’evento: 26, 27 e 28 luglio. Inizialmente, l’Isola di San Giorgio era stata affittata per una giornata lasciata indefinita dalle autorità per ragioni di sicurezza. Poi, sono emersi alcuni dettagli del programma e dell’organizzazione: Bezos avrebbe riservato in esclusiva gli hotel più lussuosi della città (Aman, Gritti, Danieli, Belmond Cipriani, St. Regis) e una flotta di taxi. La città, tra servizi di sicurezza privati (si parla perfino del coinvolgimento di ex marine) e polizia, sarebbe andata incontro a una piena militarizzazione. Le celebrazioni, infine, si sarebbero svolte in tre luoghi simbolo: il chiostro della chiesa della Madonna dell’Orto, nella zona residenziale del sestiere di Cannaregio, l’Isola di San Giorgio Maggiore e la Scuola Grande della Misericordia, ancora a Cannaregio.
Martedì 17 giugno, No space for Bezos e il Laboratorio Occupato Morion, uno spazio politico antifascista attivo fin dagli anni Novanta, hanno annunciato l’organizzazione di una grande “manifestazione par tera e par mar”, da tenersi il 28, giorno della grande festa alla Misericordia, allo scopo di bloccare calli, campi e canali; quattro blocchi con musica, barche e allestimenti per occupare la zona e rendere difficoltoso l’arrivo alla festa. Ѐ stata organizzata inoltre una “Call 4 barche”, per radunare i mezzi su acqua, e una “Chiamata alle arti”, per creare assieme i materiali, striscioni, cartelli, slogan, da esporre al corteo. I muri di Venezia, intanto, hanno iniziato a parlare. Dappertutto sono comparsi manifesti che richiamavano al corteo del 28 giugno, adesivi irriverenti in veneziano (in uno si legge “Bezos basime el cueo”, con fotomontato Bezos che bacia un culo, in un altro “peocio refà”, arricchito, con il logo di Amazon) e graffiti con la scritta No space for Bezos e il volto del magnate, bendato e con la bocca coperta da un logo di Amazon al contrario.
Il 23 giugno, gli attivisti di Greenpeace Italia, insieme con il collettivo inglese Everyone Hates Elon, mettono in scena un altro gesto eclatante, srotolando in piazza San Marco uno striscione di 400 metri quadrati: in basso, il ritratto di Bezos che se la ride di gusto, occhi chiusi e bocca aperta, mentre sopra di lui campeggia la scritta, in inglese, “se puoi affittare Venezia per il tuo matrimonio, puoi pagare più tasse”. La polizia locale, in tutta fretta, riarrotola lo striscione e lo porta via correndo. La reattività delle forze dell’ordine, però, non è bastata e le proteste sembrano andare a segno, tanto che in questo evidente clima incandescente è stato necessario apportare un cambio di programma: la festa del 28 giugno non si terrà più alla Scuola Grande della Misericordia, bensì all’Arsenale – fortificato e dunque inaccessibile. Le associazioni hanno esultato, ma non si sono fermate qui.
Già il giorno dopo, intorno alle 19, quattro attivisti di Extinction Rebellion si sono arrampicati sulla gru posta di fronte all’Hotel Danieli, tra gli alberghi in cui sono ospitati gli invitati ai festeggiamenti, e hanno esposto uno striscione di 50 metri con raffigurato Robin Hood e la scritta “tassare i ricchi per ridare al pianeta”. Il 25, invece, è tornato a colpire il gruppo Everyone Hates Elon: per la città sono apparsi centinaia di manifesti raffiguranti un altro Bezos che ride, stavolta attorniato da banconote volanti, e la scritta, sempre in inglese, “nel tempo che ci vuole per leggere qui, il patrimonio di Jeff Bezos è aumentato più del tuo stipendio mensile. Tassare i miliardari”,
L’eco delle proteste, arrivati a questo punto, corrisponde a quella del matrimonio. Ormai ne hanno parlato, oltre che i media italiani, la CNN, Al Jazeera, il New York Times e il Guardian. Il quotidiano inglese, in particolare, ritorna più volte sul tema, dando ampio spazio alle voci degli attivisti. Uno degli articoli, riprendendo l’idea della manifestazione “par tera e par mar” e l’idea di bloccare i canali con tutti i mezzi possibili, fa riferimento al fatto che Bezos avrebbe cambiato i piani per le proprie nozze per paura dei “coccodrilli gonfiabili”, presentando il tutto come una chiara vittoria degli attivisti.
Al che la politica torna ad intervenire direttamente sulla questione e, dopo il sindaco Brugnaro, stavolta tocca a Luca Zaia, presidente del Veneto. Chiede di lasciare in pace la coppia, che nel giorno più bello della loro vita non può vedersi accogliere in questo modo – insomma, mettetevi nei loro panni, nei panni di Jeff Bezos. Oltre a questo, Zaia, con una retorica molto lontana dal solito, afferma che “il Veneto dev’essere inclusivo, a prescindere dal colore della pelle o dal conto in banca”. Infine, sottolinea l’importanza economica e filantropica di questo matrimonio, e fa riferimento alle tre “importanti” donazioni fatte dal multimiliardario: un milione a Corila, consorzio delle ricerche sul sistema lagunare di Venezia, uno alla Venice International University e uno all’Unesco. Insomma, tutto per la salvaguardia, la conservazione e il bene di Venezia e della laguna: “Un gesto di straordinaria generosità, che va ben oltre la cronaca mondana, e si traduce in un aiuto concreto per la laguna, il suo fragile ecosistema e le istituzioni che la custodiscono”, ha affermato Zaia.
Tutto molto bello ma, proprio il 25, Bezos e i suoi invitati arrivano in laguna con più di 80 jet privati e numerosi yacht, che attraccano in svariati punti della città – manca però quello dello stesso Bezos, rimasto ancorato tra Croazia e Slovenia temendo potesse essere coinvolto nelle proteste. Il fondatore di Amazon, più umilmente, viene visto arrivare al Lido in elicottero. Tra gli invitati, invece, si vedono Bill Gates, Ivanka Trump, Leonardo Di Caprio, Oprah Winfrey, Tom Brady, Kim Kardashian e la madre Kris Jenner, Orlando Bloom e la regina Rania di Giordania. Tutti sono pronti ai tre giorni di celebrazioni che, da programma, hanno inizio il giorno successivo. Quella mattina, le edicole veneziane espongono una locandina del Gazzettino di Venezia in cui si legge: “Arriva Bezos. Scattano i divieti”. La prima festa, quella sera, sarà al chiostro della chiesa della Madonna dell’Orto. Già dalla sera prima i dintorni pullulano di sicurezza privata. È vietata la navigazione nel canale antistante la chiesa, e l’accesso a piedi sarà impossibile anche per i residenti.
Intorno alle 11.30, piazza San Marco è teatro di un flashmob di Extinction Rebellion. Due attivisti mascherati, in piedi su un piedistallo, inscenano un matrimonio. Attorno a loro, altri attivisti stanno in ginocchio, con maschere nere e cartelli al collo con scritto “Media”, “Justice”, “Government”, “Business”, mentre altri ancora, in piedi, tengono cartelli con frasi come “Siccità per tutte, prosecco per qualcuno”, “Bezos porta ricchezza ma tu domani sarai ancora precario” e “We are the 99%. We have the power”. Come ultimo atto della protesta, un attivista si arrampica a un pilone e srotola uno striscione con scritto “The 1% ruins the world”. L’intervento della polizia è brusco. Gli attivisti vengono trascinati via dalla piazza e trascorrono ore in questura; vi saranno un totale di 50 denunce, multe di 4000 euro per aver tenuto in mano dei cartelli e quindi l’emissione di 18 daspo. Nello stesso momento, sempre in piazza San Marco, la gente si fa le foto con il sosia di Jeff Bezos, Cagdas Halicilar, imprenditore tedesco che è venuto apposta per il matrimonio e ha passato qualche giorno a girare sorridente per le calli.
Intanto vengono diffuse le partecipazioni di matrimonio, in cui si invitano i partecipanti a non fare regali agli sposi ma piuttosto a fare donazioni a varie associazioni a tutela di Venezia, definita un “posto magico” che “continuerà a ispirare e meravigliare” L’unico regalo che Bezos e Sanchez ricevono viene dal sindaco Brugnaro: un mazzo di rose bianche e una magnum di Amarone. In serata la coppia si mostra ai fotografi: sorridono, diretti in taxi alla chiesa della Madonna dell’Orto. La zona è transennata e chiusa da ore. Un gran dispiegamento di forze di polizia, a terra e su acqua, polizia locale, celerini, polizia in moto d’acqua e sicurezza privata. Se all’inizio i residenti possono passare mostrando la carta d’identità, diventano col passare del tempo costretti a cambiare strada. Diventa virale il video di un cittadino che discute con un agente di polizia poiché impossibilitato a raggiungere casa: dice di abitare lì da sessant’anni, di voler passare su suolo pubblico e che è uno sfregio che abbiano chiuso per un evento privato. L’uomo, residente, viene lentamente accerchiato da tre agenti della polizia locale e cinque della polizia di stato, che lo invitano ad allontanarsi. Quella sera diluvia, ma questo non impietosisce la polizia che, nonostante carte d’identità o residenza, non fa passare nessuno, nemmeno chi sta tornando a casa sotto la pioggia. Per chi gestisce Venezia i veneziani sono dei figuranti: di norma la loro presenza va a beneficio dei turisti, fa atmosfera; in questo caso rovina l’ambiente per i turisti miliardari che vorrebbero quel “posto magico” svuotato dalle persone.
Venerdì 27 giugno è, infine, il gran giorno. Sembra impossibile ottenere qualunque informazione sull’organizzazione della festa, mentre l’Isola di San Giorgio appare blindatissima. In città, intanto, le Kardashian girano per le boutique seguite da un cordone di bodyguard e una turista americana incontra Oprah Winfrey, inginocchiandosi ai suoi piedi. In questo teatrino, il collettivo artistico Konn Artiss ha giustamente pensato di mettere in scena una parodia del matrimonio di Sánchez e Bezos, utilizzando fantocci grotteschi raffiguranti i due sposi. Un primo manichino raffigurante Bezos, faccia oro e corpo coperto di dollari, viene installato in piazza San Marco. Un gondoliere rema su una gondola, portando in giro i fantocci dei due in abiti da sposi; particolarmente suggestivo è il momento in cui passano a fianco a una vera barca Amazon. Un terzo fantoccio viene installato in Riva degli Schiavoni, vicino alla fermata San Zaccaria, non lontano da San Marco: raffigura Bezos alla toilette, il water è fatto da scatole Amazon. Il quarto, forse il più d’impatto, è il manichino raffigurante Jeff Bezos su una zattera, anche stavolta fatta da scatole Amazon, che viene calato nel Canal Grande dalla fermata Rialto e che, per diverso tempo, galleggia per il canale trascinato dalla corrente.
Tra le 17 e le 18, prima lei poi lui, gli sposi lasciano l’Hotel Aman a favore di fotografi e telecamere per dirigersi verso San Giorgio. Sempre con enormi sorrisi, salutano turisti e curiosi. La barca di Bezos, scortata da due barche di agenti della sicurezza, è seguita da una flotta di paparazzi. Comincia quindi un enorme red carpet degli invitati, mentre prendono i taxi dai moli dei loro hotel. Il bacino di San Marco è altamente presidiato da agenti in barca e moto d’acqua: le navi della finanza già dal pomeriggio hanno limitato la navigazione nel bacino e nelle zone circostanti. È attivo un sistema anti-drone. Anche Fondazione Cini, teatro del matrimonio, è blindata. Non si sa nulla della cerimonia in sè: si dice che gli sposi abbiano chiesto agli invitati di lasciare i telefoni in hotel e di non fare nessun tipo di foto.
Sabato 28 giugno, ultimo giorno, ultimo party. La mattina appare tranquilla – forse i VIP dormono, pare che la festa sia andata avanti fino alle 2 di notte. Brugnaro afferma che non ha senso polemizzare per la militarizzazione della città: è normale visto che si sta ospitando la figlia del presidente degli Stati Uniti. Riguardo alla manifestazione in programma quel pomeriggio, la sua retorica è sempre la stessa: contro i centri sociali, il “partito dei no” – come lo chiama lui – che non sarebbe interessato al benessere di Venezia. Parla di invidia sociale, senza però riuscire, o senza volere, affrontare minimamente il merito della questione. E cioè il fatto che – come affermano i manifestanti che si ritrovano in corteo quel pomeriggio – che Venezia è stata prestata e prostrata ai comodi di un privato, che in virtù dei suoi soldi può permettersi di comprare tutto. La città ha risposto bene: durante il corteo diversi gonfiabili, quelli che sarebbero serviti per bloccare il canale della Misericordia, vengono passati di mano in mano per ricordare che una vittoria c’è stata: lo spostamento della festa dietro le mura dell’Arsenale. È comunque una vittoria in più rispetto a quanto possa dire di aver ottenuto il Comune: gli sposi, infatti, sono ripartiti e il sindaco che aveva detto di voler incontrare Bezos, il quale “può fare di tutto”, per proporgli degli investimenti in città, alla fine non lo ha incontrato. Anche lui, per il turista Bezos, è stato solo un lavoratore sottopagato dei servizi, il gestore del parco giochi.