Le personificazioni nazionali sono forme d’arte e di propaganda dalla storia secolare consistenti in figure perlopiù femminili dai tratti fanciulleschi, guerrieri o materni (o una commistione delle tre). Tali icone toccano l’apogeo nella seconda metà del XIX secolo, un periodo caratterizzato dai burrascosi rapporti franco-tedeschi, immortalati nelle caricature dalla relazione tra Marianne e Germania.
Marianne e Germania, e così tutti i loro equivalenti, sono, per mezzo del loro corpo (non privo di una certa carica erotica) e dei loro ornamenti, vettori di precisi valori nazionali e ideologici. La dea della libertà dal berretto frigio è stata, ed è tutt’ora, la punta di diamante del repubblicanesimo francese, emblema del trionfo del popolo sull’ancien régime e pertanto riverita come una santa lungo tutto lo spettro politico. Germania fu invece la massima espressione artistica del Volksgeist tedesco: un’imponente valchiria in cotta di maglia dorata, con la spada imperiale in mano e la corona del Sacro Romano Impero (o l’elmo chiodato) sul capo, strenua guardia dei confini del Reich e avanguardia delle ambizioni pangermaniche.
Per oltre un secolo le due eroine hanno rappresentato le proprie nazioni nelle arti come sulle riviste satiriche. La rivalità, seguendo il flusso della storia ottocentesca, si tramutò presto in uno scontro iconografico arrivato al proprio culmine negli anni della Grande Guerra; la figura di Germania cominciò a finire in secondo piano con l’affermarsi del nazismo e dell’immagine di Adolf Hitler in persona, venendo ridotta ad una spasimante del dittatore. Conclusa la seconda guerra mondiale Germania svanì quasi completamente dall’immaginario collettivo tedesco, forse anche per via del suo aspetto eccessivamente militaresco, mentre Marianne, oltre a diventare il volto ufficiale della Repubblica, entrò a far parte a pieno titolo della cultura pop. Complice il declino delle riviste satiriche, il finale felice dello scontro secolare, dove Marianne e Germania vengono reinterpretate in chiave europeista, è stato dimenticato (se non ignorato) dai più.
A questo punto sarebbe ragionevole pensare alle allegorie delle nazioni come a un relitto del passato, ma il villaggio globale ha involontariamente soffiato in loro nuova vita. Nel corso del primo decennio del XXI secolo si radicò in alcune sottoculture di internet il gijinka, o antropomorfismo moe, ovvero la trasformazione di oggetti e concetti in ragazze anime dal vestiario e accessori che rimandano agli originali. Oggi, nel contesto della guerra in Ucraina, sta avvenendo qualcosa di simile nelle trincee di Cyberia (qui da intendersi sia come sinonimo rushkoffiano di internet che come gioco di parole per datasfera post-sovietica/russofona), con la creazione di nuove personificazioni nazionali in stile anime. La trasformazione della guerra in un’estetica hyperkawaii e ultrasessualizzata non è solo la semplice perversione di qualche nicchia di internet, ma anche una subdola forma di propaganda, orizzontale come verticale.
L’11 Marzo 2014 Natalya Poklonskaya, procuratrice generale dell’Ucraina passata al servizio di Mosca dopo l’annessione della Crimea, tiene il suo discorso di insediamento come capo della procura della penisola. Un evento insignificante se paragonato alla recente conclusione di Euromaidan o all’occupazione della penisola crimeana, ma comunque capace di dare inizio ad uno dei meme principali del 2014: Natalya Poklonskaya, ragazza anime russa pronta ad annettere (anche) il tuo cuore. Il nuovo feticcio bidimensionale di internet, una via di mezzo tra i gijinka e le personificazioni nazionali, proiettava valori stereotipati russi, minimizzando e ironizzando al contempo ciò che stava succedendo in Crimea. La procuratrice generale, dal canto suo, si è appropriata del meme, e tutt’oggi posta le fanart su Instagram, inserendosi in un filone iconografico più altro in cui sarebbero poi rientrate anche Kim Yo-Jong, sorella di Kim Jong-un, e Giorgia Meloni.
Sempre nel 2018, per volere di Yegor Prosvirnin, direttore della rivista ultranazionalista russa Sputnik i Pogrom, nasceva Alpha, la mascotte della sua community in forma di una giovane ragazza dai capelli bianchi in abito formale da corte dello zar. Siamo davanti ad una gijinka o ad una personificazione nazionale? Entrambe le cose, in una sempre più evidente intercambiabilità delle etichette che rischiano di divenire addirittura fuorvianti, ma dopotutto che cos’è Marianne se non una gijinka ante-litteram? La nuova madre Russia (i cui figli sono esclusivamente la parte di popolazione slava e ortodossa) può essere intesa come la continuazione della vecchia madre Russia pre-1917, poi diventata madrepatria in epoca sovietica. La zarina è stata la prima del pantheon delle neo-allegorie-nazionali, ma non la più importante. Le illustrazioni di Alpha successive all’inizio dell’invasione hanno accantonato, almeno momentaneamente, gran parte della simbologia imperiale tradizionale, abbracciando la Z putiniana come simbolo di ritorno ai tanto agognati confini dell’impero russo.
Tornando in Ucraina, nel Settembre 2021 un canale Telegram con legami ad ambienti neonazisti postò una rivisitazione della scena “mordi il marciapiede” del film American History X, in cui una ragazza in divisa militare ucraina pesta un soyjak nazionalista russo: è Marichka, la futura rivale di Alpha. Nella prima vignetta in cui compaiono entrambi i personaggi ha inizio il loro antagonismo, nella forma di uno scontro memetico tra l’estrema destra ucraina e quella russa: Marichka denigra la sua nemica per gli occhi a mandorla, un insulto razzista traducibile in “noi ucraini siamo bianchi e puri, voi russi siete una mescolanza di razze, degli Untermensch non degni di fregiarsi del titolo di nazionalsocialisti”. Per qualche tempo questo scontrotra meme resterà un conflitto a bassa intensità, come la guerra in Donbass.
24 Febbraio 2022, Z-Day: comincia la seconda fase della guerra in Ucraina. Su 4chan, il giorno dopo, compare Buhanka-chan, gijinka dai tratti infantili del furgoncino UAZ-452 “Buhanka”, subito adottata come mascotte dalla parte russa e filorussa di internet in veste di allegoria di una Russia forzata a intervenire, ma pura e giusta poiché bambina, e pronta a tendere la mano agli ucraini che non le oppongono resistenza. Anche Alpha venne subito ripescata dalle profondità del cyberspazio russo, formando insieme al furgoncino lo schieramento allegorico filorusso.
Il mese dopo, mentre la battaglia per Mariupol volgeva alle sue fasi più concitate, Marichka fu erroneamente confusa per l’antropomorfizzazione del Reggimento Azov e perciò ribattezzata in Azov-chan, poi diventato suo alias. Da qui Marichka, che nel corso del 2022 è permeata nella chan-culture, diverrà la personificazione nazionale dell’Ucraina, nonché meme figurativo dello spirito della nazione: bionda, vigorosa nel corpo e nello spirito, con due tatuaggi, il tryzub (sporadicamente con una spada al posto del dente principale) sul bicipite sinistro e la svastica sul seno, che a seconda delle scelte artistiche e politiche dell’improvvisato vignettista di turno può diventare la croce dell’esercito ucraino, la у di YПА (UPA, esercito insurrezionale ucraino) o non comparire proprio. Altro elemento chiave è il Mazepinka, un cappellino militare appartenuto a varie milizie ucraine novecentesche; sta a Marichka come il berretto frigio sta a Marianne. In un fumetto, probabilmente rifacendosi al canto nazionalista “nostro padre è Bandera, l’Ucraina è la nostra madre”, Marichka è la fidanzata di Stepan, personaggio ispirato al leader dell’UPA, facendo di lei la madre di tutti gli ucraini.
Nasce così un nuovo scontro iconografico che neutralizza e distorce il trauma del conflitto, rendendolo più facilmente assimilabile e godibile al pubblico digitale impegnato a combattere una sorta di guerra cyberiana verso la demoralizzazione del nemico. Nei meme-vignette Alpha manda la sua figlia-furgoncino al fronte, mentre Marichka seppellisce soldati russi; nascono anche personificazioni minori, pressoché tutte ad opera di artisti del triangolo Kiev-Minsk-Mosca e quasi sempre ispirate a Marichka, a tutti gli effetti il meme autoctono più grande e duraturo della guerra russo-ucraina. Si tratta di gijinka come Nika (“vittoria”), allegoria della legione georgiana e pertanto della Georgia, o Lerochka, rappresentante dell’opposizione pacifista russa basata sull’attivista liberale anti-putninana Valeriya Novodvorskaya.
Il ritorno delle personificazioni nazionali è un altro tassello della prima guerra post-ironica, e non fa che crescere in stranezza: Grey Zone, canale Telegram affiliato al gruppo Wagner, per festeggiare l’imminente cattura di Bakhmut ha postato Buhanochka che accerchia le ultime truppe ucraine, mentre l’elmetto di Kubrick si è evoluto in elmetto di Marichka, che è stata avvistata anche su bandiere e patch.
La vignetta satirica si è evoluta in meme adattandosi ai grotteschi canoni di internet, tuttavia il messaggio delle personificazioni nazionali, resuscitate dalla guerra e dalla sua insaziabile fame di icone, è rimasto lo stesso dei tempi di Marianne e Germania, solo racchiuso in un involucro cute.
Studente di Scienze politiche e admin di @ArchivioTPB, un progetto di archiviazione e catalogazione di meme politici.